Trekking Nepal 2007: arrivo e partenza da Kathmandu verso il Khumbu

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In tanti viaggi fatti, il momento di apertura delle porte di un aereoporto, una volta ritirato il bagaglio, è sempre un momento eccitante e stimolante: essere catapultati di colpo in una metropoli del terzo mondo brulicante di vita od in una signorile capitale nordica senza conoscere alcuno od alcunché è uno stimolo più che una paura.

Ho sempre guardato con sufficenza quei cartelli da viaggi organizzati, stampati con nomi che assai poco legano con i locali, fiero del mio essere “indipendent traveller”. Questa volta invece ci aspetta un cartello tutto nostro, gigante, in mano ad un magrolino là in fondo, con un ampio sorriso: “Mr. Giacomelli & friends”. Un cenno di saluto e ci sono addosso in cinque, e volgliono tutti alleggerirci del carico; normalmente sospettoso, acconsento solo ad una borsa; ci avviamo al parcheggio e capisco subito che non tutti sono dell’agenzia, ma sono facchini occasionali che stazionano perennemente all’aereoporto in cerca di qualche moneta; non ho soldi locali con me sono costretto a lasciare alcuni euro, anche se non sembrano proprio contenti, vorrebbero “paper, please”, alla faccia del cambio 1€ =90 Rps.

Ci facciamo portare all’hotel dove ci aspetta Darshana; l’impatto con {it:Kathmandu} è molto forte; forte inquinamento che ti serra la gola, traffico caotico ma senz aparticolari ingorghi, sporcizia dappertutto, qualche mucca tranquilla pascola nei rifiuti agli incroci, indisturbata; stormi di moto, in realtà i mezzi di gran lunga più moderni che abbiamo visto circolare, fanno slalom dappertutto, insensibili come le auto alla segnaletica orizzontale.

Comincio ad innervosirmi, perché la gentilezza e cortesia delle guide dell’agenzie nascondono i soliti fraintendimenti voluti; non si può pagare con carta di credito come pattuito per mille motivi e ci voglion accreditare le commissioni; insisto per essere condotto nel loro ufficio, vicino a Thamel, dove effettuo la transizione personalmente sulla macchinetta a scorrimento visto la loro incapacità nell’usarla. Per Darshana che abita qui da mesi è tutto normale, ma per noi ancora troppo occidentalizzati il tutto sembra un pò ridicolo; ci diamo appuntamento a domani, mi faccio lasciare il telefono della nostra guida; comnicio a capire ora cosa intendono i nepalesi per “parlare inglese”: per farci spiegare come raggiungere Thamel ci mettiamo 5 minti buoni; meno male che Darshana mastica un po di nepali.

Le cose sembrano a posto per il trekking e ci lanciamo nella notte nepalese alla ricerca di un locale per cenare; Darshana affronta i vicoli sporchi e trafficati di Thamle in infradito con una sicurezza che ci lascia spiazzati; io continuo a toccarmi il portafoglio, mi guardo dalle moto che sfrecciano in ogni dove, e mi tengo lontano dai mille piccoli spacciatori che abbondano a lcalar delle tenebre. Sono tutte preoccupazioni inutili: scopriremo poi nel corso del viaggio come i nepalesi siano persone gentili, oneste e rispettose; sia a Kathmandu, sia Pokkhara ci siamo sempre sentiti sicuri e non abbiamo mai sentito il bisogno di prendere un taxi per tornare a casa.

Ceniamo in un locale medioorientale, seduti per terra; accanto a noi un gruppo di ragazzi europei di varie nazionalità fumano uno spinello dietro l’altro; uno di questi si infila nella foto che ci facciamo fare per ricordare la serata; mi dispiace che non ci sia Marcello, a zonzo per le montagne del Pakistan. A casa poi Darshana riusicrà a chiamarlo al telefono e lo sentirò lontano lontano, mentre si preoccuperà per il nostro arrivo e per la nostra vacanza, mentre io sono sinceramente preoccupato per lui e per le sue condizioni in Pakistan.

Il prezzo della cena è veramente ridicolo per la quantità e la qualità del cibo, come in tutto il Nepal. Torniamo a casa in taxi in una Kathmandu nera come la pece; il load sharing, ovvero il razionamento dell’energia elettrica per l’inverno è già iniziato, anche se quest’anno il monsone più lungo e violento del solito avrebbe fatto pensare ad altro; il traffico è praticamente nullo a quest’ora, ed il nostro taxi ai semafori spegne la macchina ai semafori (altro problema, la cronaca mancanza di benzina comprata principalmente dall’India, già di giorno avevo notato grosse file ai pochi distributori); per il resto gira senza fari per risparmiare la batteria.

Al mattino dopo puntuale si presenta la nostra guida Krishna per portarci all’aereoporto; dopo mille attese tra trekkers multicolori riusciamo a prendere il famigerato volo per Lukla; il decollo si rivela molto veloce e dolce, ed anche l’atterraggio; ci siamo, siamo nell’aria sempre più cristallina della valle del Khumbu, pronti a partire.

 

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