Gioveretto – Zufritt – Scialpinismo 2010

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“Ma cosa ci fanno quei bipedi rompiscatole qua?” chiede il primo camoscio.

“Infatti, ma anche qua dovevamo trovarceli?” fa eco il secondo, più giovane.

Da generazioni i camosci frequentano queste zone, al sole, dove la neve lascia spazio a qualche roccia, qualche cespuglio che timidamente annuncia la primavera; da un pò di anni però devono condividere il loro territorio con quei dannati bipedi che sempre più spesso si vedono in giro.

“Pazienza gli ovetti sopra la testa – sentenzia il primo- ma adesso anche a piedi ci vengono a rompere le scatole!”

“Non sono a piedi, si chiamano sci, non li vedi?” -fa il secondo, evidentemente attento osservatore – Li usano perché non sanno galleggiare sulla neve come noi.”

“Bifolchi!” chiosa il più vecchio, e girandosi da sfoggio della sua abilità danzando  tra una roccia e l’altra.

I tre bipedi bifolchi sono KarlHeinz, Bertolli ed io, indecisi sul da farsi di fronte al vuoto che si spalanca davanti a loro; la mattina durante la salita al rifugio Canziani avevo addocchiato un canale che scendeva diretto dall’ultimo pilone della funivia che serve gli impianti della diga del Lago Verde; mi sembrava il classico canale rivolto a sud, scaricato per bene. Siccome poi mi era andata bene una prima volta sulla cima del Gioveretto, quando due bei sassoni scaricati inavvertitamente da EndMax avevano evitato il sottoscritto ed Alessandra con cui stavo chiaccherando, avevo pensato che era il mio giorno fortunato.

Perché allora non osare? Come sempre KarlHeinz se gli parlo di ripido mi segue; si èaggiunto anche il Bertolli, mentre EndMax, Bonny ed il Bel René scendevano dal Canziani con Silvano ed Alessandra.

Eccoci dunque qui a decidere dove andare; per un momento vacilla la ferma convinzione sullo “scialpinismo dinamico e moderno”; qua non si capisce dove scendere, e quei due camosci di cui abbiamo seguito le tracce se ne vanno indolenti; mi ricordo un salto di roccia a tre quarti, ma riusciamo ad evitarlo traversando un pò avanti ed indietro. La neve non è proprio bella, pensavamo fosse più assestata, ma almeno ora vediamo la fine del canale nella valle. Mi lancio, gli sci affondano un pò troppo, sento le code imprigionate nella neve; al termine di un piccolo traverso sento del peso ulteriore sulle code, sgambetto per liberare gli sci con le punte verso il cielo, ho tagliato un piccolo scaricamento che ora scende lentamente  di una cinquantina di metri. Niente paura, ora la strada è libera; non bisogna forzare le curve chiudendole eccessivamente, ma scendere diretti con curve incise molto rotonde in maniera da non sovraccaricare il manto; sciata di quadircipiti con le punte fuori, ed in meno di un minuto faccio tutto il canale fino in fondo. I miei due compari scendono verso sinistra, dove la neve sembra reggere meglio; in breve siamo in valle, lungo l’itinerario principale, ci ricongiungiamo agli altri per un piatto di canederli della bionda cuoca del ristorante “Knödel Moidl” di Fontana Bianca.

Gioveretto

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