Questa volta prometto a Giorgia di fare un pò di mare; scegliamo la Corsica, meta sconosciuta a tutte e due e con quel fascino da scoprire di cui tutti parlano; pensiamo di fare meno bici (le fatiche dello scorso anno in Norvegia ancora pesano nelle gambe) e molto più mare, ma verremo smentiti in questo.
Partiamo l’otto giugno, subito dopo una violenta perturbazione che ha portato neve in tutta Italia ed anche in Corsica, ed il mare è ancora freddo, un pò troppo per fare dei lunghi bagni ristoratori; pazienza, almeno l’aria è fresca.
Arriviamo a Bastia nel primo pomeriggio, dopo un tranquillo viaggio su una motonave affollata ma non troppo; in giugno ci sono parecchie famigliole in viaggio e questo ci tranquillizza per la riuscita dell’intera traversata. Dopo aver bighellonato un pò per Bastia cercando di avere i primi contatti con i corsi ci dirigiamo verso nord; il lungomare è piatto e tranquillo, poco caratteristico; siamo vicini ai centri di afflusso maggiore ed infatti si vedono infrastrutture tipiche della peggiore costa italiana.
Più a nord ci fermiamo in un campeggio isolato e piacevole, per goderci il meritato riposo. Abbiamo un pò di apprensione per i famigerati furti in Corsica, ma il campeggio, anche se non corrisponde ai canoni italiani, sembra ben delimitato e tranquillo. Per precauzione io comunque mi sono portato dietro il solito cancello da 17 kg, la mia prima mountain bike rigida degli anni ottanta, riciclata per turismo; Giorgia invece ha la sua nuova leggerissima front, e vuole stupirmi con medie da Giro d’Italia.
Corsica Bike Trip 2008 GPX file
Il giorno dopo ci alziamo di buon mattino per non soffrire del troppo sole; dopo pochi chilometri giriamo verso ovest per attraversare il “dito” della Corsica in prossimità del colle di Santa Lucia; facciamo così conoscenza con la vera Corsica, fatta di paesini isolati, poche infrastrutture, bar piccoli ma accoglienti, ragazzini in calzoni corti che giocano per strada su biciclette “da cross”: sembra di essere tornati indietro all’Italia di venti anni fa, “a ricordare quando fuori si giocava fra le 127″ come direbbe Bersani (non il ministro, il cantante). Visitiamo Pino e Nonza, due bei paesini arroccati sulla costa; Nonza fa da contrafforte ad una spiaggia nera nera che oggi non è proprio affollata di turisti, complice il cielo imbronciato; ci fermiamo in un pane latte a comprare della frutta, mentre invitanti ristorantini ci chiamano; mi domando di dove venga tutta questa futta, visto che intorno ai paesi ormai ci sono pochissime coltivazioni; i ruderi dei terrazzamenti intorno a Nonza sono invasi da erbacce; pensare che dalle nostre parti ci si accapiglia per un pezzo di terra e qui ci sarebbe tutto: sole, aria fresca ed acqua per le colture.
L’acqua soprattutto è una piacevole sorpresa per noi ciclisti; si trovano fontane di acqua freschissima ovunque, e la temuta carestia per ora non si presenta. Le strade sono affascinanti, si dipanano seguendo ogni svolta del costone lungomare, ed ogni curva regala uno scorcio diverso; l’asfalto è piuttosto grezzo e non lascia le ruote libere di scorrere nemmeno in discesa….tutte cose che un automobilista non riesce a capire. Fermo su un parapetto di Nonza osservo la gente passare; sto mangiando una banana ed aspetto Giorgia che su questi saliscendi fatica un pò; arriva un furgone e parcheggia davanti a me; scopro che è di appoggio ad un gruppo di cicloamatori, che evidentemente non ama il viaggiare lento dei ciclisti sgangherati carichi di bagagli come noi; dentro il furgone bagagli alla rinfusa, ruote di ricambio ed una certa aria da Giro d’Italia; noi abbiamo tutto sulle nostre spalle.
La sera a Calvi li reincontreremo a spasso per il centro e con un certo orgoglio notiamo che riusciamo a fare le loro stesse tappe….