Scavallata da 33 km e 2900 m D+ con tredici cambi di assetto nel Catinaccio – Rosengarten, il regno di Re Laurino. Roba per veri stakanovisti dello scialpinismo.
Naturalmente si può fare anche in due giorni, pernottando al rifugio Passo Principe, aperto i fine settimana invernali. Oppure utilizzando gli impianti da Pera come fatto dal NoWorkTeam giusto ieri, il cui report del sempresulpezzo Bonny mi aveva ingolosito al punto da partire addirittura solo e ramingo (più che altro non mi si è accodato niuno skialper, sob!).
Mi sono fatto un caffè in un bar de Fascia dove una siora bionda disquisiva con due vecioti sui recenti morti sul Nanga Parbat: tutti hymalaisti questa settimana. Poi verranno altre sciagure su cui fare sciacallaggio, e diventare periti, ingegneri strutturisti, econmisti di alta finanza. Ho quindi pagato e me ne sono andato non appena hanno cominciato a parlare di slavine: argomento ostico per uno scialpinista solitario come me oggi.
Salito lungo le piste da Vigo di Fassa, mi sono lasciato alle spalle il solito circo di una valle che sembra in perenne spirito natalizio, anche a marzo, piena di addobbi kitsch.
Ho scelto il sentiero estivo nel bosco perfettamente innevato su consiglio di un impiantista in cima alla seggiovia.
Poi sono arrivato alla conca del Gardeccia con i suoi rifugi anni 60 in parte dismessi.
Qui l’innevamento era migliore e anche il panorama cominciava a essere dolomitico.
Al rifugio mi sono rifocillato dopo i primi 1500 m D+ con torta e caffè: al bancone il mitico Sergio Rosi, la cui guida di scialpinismo del Brenta con annessa cartina è stata per me fonte di ispirazione per tante gite, quali la val Centonia o la bocchetta dei camosci.
Abbiamo fatto due chiacchere su come è cambiato lo scialpinismo in questi ultimi anni. Da attività per pochi eletti a rischio valanghe (quante volte c’era scritto “valanghe” sui vecchi libri mentre ora sembra scomparsa?) a sport ultra praticato e regolamentato a partire dalle categorie giovanili. E molto di moda oramai, con completini che non sfigurerebbero al Film Festival della Montagna.
Alle pareti del rifugio c’è appesa la piccozza con cui ha salito (e poi sceso) la nord della Presanella. Però, forte il vecchietto.
Mi ha consigliato il giro antiorario dell’Antermoia: passo Larsec, discesa verso il lago di Antermoia (che ho sbagliato aggiungendo altri 200 mD+ in un’altra selvaggia valle), discesa in Val Duron in un polverone da urlo, risalita fino al passo del Molignon con alterni ripellamenti dovuti a sbagli di tracciato, e poi di nuovo passo Principe.
Complessivamente 13 cambi di assetto, oltre a numerose soste per zoccolo e pelli che si staccavano.
Insomma non ho fatto proprio la mia miglior prestazione. Il Rosi stava già chiudendo il rifugio quando sono arrivato alle 14 lamentandosi con me per il mio ritardo! Panino e coca e poi giù verso Gardeccia incredibilmente senza toccare sassi su lingue di neve e poi ultima ripellata per andare a prendere le piste di Vigo di Fassa fino al rientro.
E peccato per quei 100 metri non segnati dal parcheggio che mi avrebbero fatto fare cifra tonda!
Oggi però ho tenuto fede al mio motto: più ore sugli sci che in auto!
Al rientro birra ristoratrice dal Paolo a Molina di Fiemme, il vecchio compagno del Mezzalama.