Dover eravamo rimasti? – Scialpinismo 2020

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Prima gita con gli sci da scialpinismo dell’inverno 2020 -2021. Ritorniamo in Bondone sotto un’intensa nevicata come da tempo non si vedeva. Il tempo meteorologico sembra non ubbidire al tempo che stiamo vivendo, regalandoci metri e metri di neve da godere appieno, mentre l’animo è dubbioso sul futuro che verrà.

Stiamo uscendo dalla seconda ondata del COVID-19, così come 9 mesi fa entravamo in lockdown per la prima ondata. PAre ceh a breve ci sarà il fantomatico vaccino, ma, si sa, i virus cambiano e si adattano e potebbe presentarsi il rischio di nuove forme di virus del tipo SARS ogni inverno.

Salendo nel silenzio della copiosa nevicata, con gli impianti fermi e gli alberghi chiusi, un paio di domande me le sono fatte. Saremo quindi costretti a convivere con questo virus per anni o decenni? Come cambierà il nostro modo di vivere, di approcciarci agli altri o semplicemente di pianificare la nostra vita, i nostri progetti o il nostro business? Ci stringeremo ancora la mano? Ci abbracceremo a Capodanno, dopo un gol, dopo aver concluso una via d’arrampicata?

Oggi, con gli impianti chiusi, ho visto tanta gente risalire le piste del Bondone: quanti di questi avevano l’attrezzatura (l’ARTVA per capirci) oltre al bellisimo abbigliamento? Lo stesso Paolino che saliva con me mi ha detto che preferiva salire in Palon piuttosto che in Cornetto fuori pista, non capendo che il Palon non battuto è come il fuoripista. Questa è stata la trasformazione dello scialpinismo degli ultimi anni; sdoganato dal CAI/SAT è diventato pasto da sci club, gruppi di amici o morosi che ti iniziano alla pratica senza le dovute esperienze. Così è più importante avere l’attrezzatura che la pala, la sonda o l’ARTVA; è più importante la prestazione che l’itinerario, la salita che la discesa, la fatica che l’estetica della linea. E soprattutto non si è in grado di capire i pericoli che ci sono in montagna: ci possono esser slavine anche in Bondone, appunto

Mi sa che quest’inverno vedremo scene da alpinisti dilettanti come quelle viste quest’estate, quando c’è stato l’assalto alla montagna.

Ho sempre evitato gli impianti preferendo la montagna selvaggia, utilizzandoli solo per affinare la tecnica o per insegnare a sciare ai ragazzi. Eppure veder il Bondone coì mi rattrista un po’, perché lo ho sempre associato a giornate gioiose della mia infanzia e giovinezza, con il sole e montagne di neve per sciare fuori dalle striminzite piste, sotto gli impianti o nei boschetti o giù dal mugon. Ci sono montagne e montagne e probabilmente il Bondone è uno di quelle destinate ad avere gli impianti, come altre ormai dotate di questi scheletri, ma con la possibilità di avere piste per il fondo, cime alpinistiche dove giocare a fare gli alpinisti e divertirsi con la famiglia. Insomma, il Bondone sembra proprio una montagna completa, e forse la sua dimensione è questa: avere un po’ di tutto ma in un piccolo formato.

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