Eccoci qua allora dopo un intenso settembre di gare e garette a Piacenza per la Gran Fondo Epica.
In origine l’idea era di fare l’Eroica, ma i compagnetti di merende pavidamente si sono tirati indietro per paura di rovinare le ruote della loro specialissima da strada ed allora tutto rinviato al prossimo anno.
Qui invece sono ammesse anche le mtb ed allora Giorgia, Leo ed io siamo al via.
Dopo una piacevole serata nel centro di Piacenza (Ehi! Ma qui vanno tutti in bici! Ehi! ma qui costa tutto pochissimo! Ehi! Ma questo ostello costa pochissimo!) la mattina ci vede un po’ ritardatari; un gruppo di teppisti di 6 anni ha fatto irruzione nell’ostello e fino a tardi non c’è stato verso di chiudere occhio; la mattina a colazione guardiamo con riprovazione il gruppo di adulti irresponsabili che accompagnava l’orda barbara.
Sicché quando arriviamo a San Nicola sono già tutti pronti; noi dobbiamo ancora formalizzare le iscrizioni che Pum! allo sparo partono tutti come missili; ma come, non era partenza alla francese? Giorgia, Leo ed io ci accodiamo al gruppone, guardandoci in giro nella luce radente della mattina di pianura. Ci sono parecchi in costume d’epoca, e quasi mi vergogno con la mia MTB in carbonio. Dopo un primo tratto su strada si svolta a destra per scendere nel letto del fiume Trebbia e comincia la strage; il fondo è proprio duro (altro che sterrato da 35 all’ora…. dove l’ho sentita questa?) e non si contano le forature; ogni 50 metri c’è qualcuno fermo con la ruota in mano.
Dopo la fine del primo tratto c’è il bivio tra i 50 ed i 100 km; non mi sento tanto bene dalla settimana scorsa, ma ormai che siamo qua…. tanto vale tentare la 100 no? Giorgia e Leo optano per la versione corta (Leo con la caviglia dolorante per una storta durante l’ultimo allenamento per la maratona), io mi avventuro per la versione lunga.
Si pedala in gruppo tranquilli, facendo un po’ di chiacchiere; ogni tanto raggiungo uno con la bici d’epoca e mi stupisco di come sia cambiata la tecnica anche in pochi anni; spingono rapporti pazzeschi (40×20 il minimo!) che mi spaccherebbero i polpacci, con una posizione seduta da quadricipite in fiamme; ci sono poi alcuni sterrati non proprio facili in cui li vedo in difficoltà; in un punto lungo un viale alberato con fondo veramente sconnesso li passo via agilmente con i miei tubeless da 2.1, ma vedendoli soffrire mi vergogno un po’, mi sento un intruso….
Al ristoro gli eroi del resto sono loro; quelli vestiti con le maglie di lana, con i pantaloncini d’epoca sopra quelli in lycra con il fondello, con il tubolare a tracolla; noi con le bici in carbonio stiamo in disparte, però apprezziamo lo stesso i panini con il salame ed il crudo, il vino rosso e tutte le prelibatezze genuine che le signore ci offrono; inutile dire che di integratori e barrette nemmeno l’ombra.
Riparto rinfrancato nello spirito e nel corpo soprattutto; ho solo un po’ di dubbi su quanto ci metterò a fare i 100 km; mi hanno parlato di 1600 metri di dislivello totali (saranno 1100 alla fine) e non vorrei fare tardi; le salite si susseguono, ora manca una parte in sterrato che dovrebbe esser impegnativa; raggiungo una coppia che fa l’elastico: lei si lancia in discesa, lui la raggiunge in salita e la traina per dei tratti; lei lo chiama come un cagnolino, cercando di tenerselo sempre a portata di braccio; per un paio di chilometri di su e giu mi godo la scenetta, poi mollo tutto e me ne vado. Raggiungo un altro gruppo di “eroici” proprio prima dei tornanti in sterrato; uno di loro pedala una vecchia Bianchi con una eloquente maglietta con la scritta “La polverosa – officina meccanica”, niente di più appropriato! Lo sterrato è impegnativo, da gran fondo di mountain bike; con le bici da corsa fanno fatica, io mi posso permettere il lusso di accelerare; in cima mi godo il panorama dei colli avvolti nei colori autunnali; attraversiamo borghi di contadini indaffarati nei lavori di fine stagione; dopo una discesa si svolta a sinistra su uno sterrato veramente duro; in fondo una discesa da urlo, ci sono alcuni che spingono giustamente la bici per non fracassare tutto; quando ritorna l’asfalto, vedo un signore che si lancia in discesa come un pazzo; io ci sto dietro comodamente ed ingaggio la sfida, ma mi impressiona per la velocità che riesce a mantenere con una bici del genere; arrivati ad una curva si vedono tutti i limiti tecnici del mezzo: lui si attacca ai freni ma l’impressione è che la bici proprio non rallenti ed ad un certo punto temo il peggio; il confronto con le mie ruote ed i freni a disco è impari.
Arrivati al secondo ristoro faccio due chiacchiere con il signore; si dimostra divertito della battaglia intrapresa in discesa ed insieme ci facciamo affettare del crudo fresco; il ristoro sembra un banco di una macelleria vista l’abbondanza, e che dire del vino? Nessuno si fa pregare ad ingurgitare un bicchiere in più, e mancano ancora 25 km! L’unica che non si ferma è una ragazza che sembra essere la prima del gruppo; ha al suo fianco un gruppo di scudieri che fa il rifornimento per lei, neanche fossimo alla 9 colli!
Che il sottile morbo dell’agonismo si sia fatto strada anche qui?
Saluto l’allegra compagnia e riparto; la seconda parte è un po’ monotona, strade piatte e monotone per il rientro a Piacenza; fatico a riprendere i treni in bici da corsa che ora viaggiano ai 40 all’ora, poi per mia fortuna si rientra sul Trebbia per fare all’incontrario lo stesso pezzo dell’andata; ora sono io che meno le danze e mi scrollo di dosso uno ad uno gli improvvisati compagni di viaggio; sarà il vento, la polvere, sarà la voglia di traguardo che mi sento Moser alla Roubaix; tiro allo spasimo per arrivare, mi aspettano Giorgia e Leo ormai arrivati da un pezzo.